Prigionia, libertà, amore, morte e rinascita (Demetra e Persefone)

01.09.2023

Figlia e madre erano legate fortemente l'una all'altra.

La madre insegnò alla figlia ogni cosa: i valori, le leggi della natura, il canto, come agghindare i capelli, come assaporare i frutti della natura che lei stessa dispensava; insegnò a Kore il rifiuto della passione come dono per essere adorata al pari di ogni altra dea vergine.

Demetra era una madre presente, accudente, protettiva.

Kore, invece, era una figlia serena ma dipendente dai propositi materni, Demetra era la sua guida, le indicava la strada, la teneva sulla giusta via. Ogni scelta e ogni atto della giovane era di sottomissione alla volontà materna, ma di questo Kore non ne era consapevole e forse ne era felice.

Infatti, quella guida sicura la esonerava dal prendersi responsabilità e dall'attribuire a sé stessa vittorie, obiettivi e sconfitte.

Il suo destino era tracciato dalla via maestra, ben illuminata e a Kore non restava che percorrerla senza farsi domande, con leggerezza, senza alcun carico… come se la meta non fosse affar suo.

Così, quando fu rapita dal dio degl'inferi, incapace di prendersi cura del suo stato, attribuì la colpa al padre che non la protesse e che, anzi, assecondò la violenza, alla madre stessa che non la cercò abbastanza e naturalmente a Ade che la privò della libertà e della purezza a cui credeva di essere votata, come da volontà non sua ma di Demetra.

Demetra, da par suo, fece del suo meglio per salvare la figlia, ma ancora una volta condizionando le volontà, cercando alleati, decidendo strategie per conto della figlia, senza interpellarla.

Strinse un patto con Zeus, padre di Kore, per riportare la figlia alla luce e al calore del sole, purché questa non si cibasse di morte.

Mentre sotto il sole dell'Olimpo accadeva tutto questo, la fanciulla, che non si chiamava già più Kore, nel buio degl'inferi si autocommiserava per essere stata vittima di un ingiusto rapimento, per aver subito un destino diverso da quello tracciato dalla madre, immobile, inerte, incapace com'era di prendersi la responsabilità di sé.

Rifiutava il cibo che non poteva essere il frutto delle prosperose messi di Demetra, perché proveniente da un luogo di morte dove nulla poteva nascere, rimpiangeva la libertà, aspettava che qualcuno la potesse liberare.

Prima che la madre venisse agli inferi per portare la figlia alla luce, il dio delle ombre offrì un ultimo pasto alla sua sposa; Kore accettò perché, sebbene oggettivamente raggirata, fu comunque lei per la prima volta a decidere, secondo sue ragioni, se accontentare il suo uomo o mantenere fede agli insegnamenti dogmatici della madre, ben conscia che quel meraviglioso frutto portava in sé i semi della rinascita e il marchio del luogo di morte in cui era germogliato.

Solo in quel momento divenne la sposa Persefone del Dio Ade, conscia che con quella decisione, non pilotata da altri, avrebbe regnato sui morti e allo stesso tempo ridato ogni anno vita alla terra … solo in quel momento gli eventi sarebbero stati determinati dalla sua sola volontà, una volontà con il potere, non divino ma umano, di essere luce e ombra.

Deborah Esposito.

Ringrazio di cuore Toniol Design per la generosità con cui mi ha permesso di valorizzare le mie parole con le sue opere artistiche relalizzate per la tavola:

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Ricordo che i miei racconti sono riflessioni personali, non vi è alcuna pretesa accademica d'interpretazione del mito o di concetti filosofici.

Racconti di Ospitalità - blog personale di Deborah Esposito
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