La qualità principale del genio non è la perfezione ma l’originalità, l’apertura di nuovi confini. (Arthur Koestler)

01.01.2021

Mi rendo conto di non essere all'altezza del protagonista di questo racconto, non ho titoli o cultura adeguata, qualcuno mi giudicherà blasfema.

Mi consola il fatto che accademici di fama internazionale lo abbiamo definito in più occasioni un dilettante, seppur intendendo con ciò la sua propensione per il diletto.

A mia difesa, aggiungo che il signore in questione in gioventù, seppur la sua biblioteca fosse la più ampia collezione di libri privata del tempo, era un pessimo studente, ma questo solo perché non accettava come vero ciò a cui non poteva dare una spiegazione.

Era vanitoso, bello, libertino, anarchico e inconcludente, ma troppo intelligente per non ingraziarsi uomini potenti con il suo lavoro.

Un genio, d'altra parte non può essere che un ribelle, la sua arte era volta alla forma, ma come messaggio dell'anima; alla natura, ma per arrivare al cuore delle sue leggi.

Lui ci ha insegnato a guardare la vita da diverse prospettive, a fare lo sforzo di andare oltre, ad apprezzare le sfumature più tenue ed è in questo che incontra la mia stima.

Si racconta che nella sua città non fosse amato, perché i suoi illustri colleghi non sopportavano la sua incapacità di conformarsi alle loro prospettive artistiche e ai gusti manieristi degli altrettanto illustri mecenati.

Fu la fortuna di Milano, di cui diventò il più famoso cittadino di tutti i tempi e a cui regalò opere immortali artistiche e ingegneristiche.

Ho scoperto che Milano grazie a lui è diventata la prima capitale mondiale della moda, perché il suo amore per i tessutiti preziosi, che realizzò per le amanti del suo Signore, lo spinse a progettare i primi telai industriali... ma non diciamolo ai nostri cugini francesi, che anche di questa invenzione vorrebbero poterne vantare il diritto.

Grandi feste, scenografie teatrali e poi... la sua vigna; ed è qui che volevo arrivare.

..."attraversava il Borgo delle Grazie, l'attuale Corso Magenta, e passando per la la casa di ricchi signori, andava a controllare lo stato della sua vigna"...

Gli fu regalata dal suo grande mecenate ed estimatore, gli fu sottratta e poi restituita perché fu l'unica condizione che chiese per tornare a Milano.

La lasciò in eredità al suo "ladro, ostinato, bugiardo, ghiotto" amore, probabilmente perché alla sua tavola, nell'intimità della sua casa, il vino della sua vigna accompagnava la  saporita “carabaccia” durante le loro serate.

Nel corso dei secoli la vigna andò distrutta, ma la moderna ingegneria (che tanto a lui deve) attraverso l'analisi del DNA delle radici protette dai detriti dei bombardamenti e degli incendi, è riuscita a ridarle vita.

Come tutto ciò che realizzò anche la vigna rimane testimone del suo genio anche ai nostri giorni, lui che attraverso l'arte e l'acume dell'intelletto ha ottenuto la tanto agognata immortalità.

Oggi in questo piccolo e prezioso vigneto si produce un Malvasia di Candia aromatica, forse a beneficio dei turisti, ma è bello pensare che un calice di questo vino possa essere un pretesto per raccontare intorno alla tavola una storia straordinaria e unica.

Autore: Deborah Esposito

Dedico questo racconto a Guido Oppi Forcesi, mancato quest'anno all'età di novantadue anni e figlio del grande pittore Ubaldo Oppi, che assumendomi in una piccola agenzia di assicurazioni mi ha aperto le porte al mondo dell'arte (mio grande amore), mi ha dato la possibilità di conoscere e lavorare per persone come Philippe Daverio e di ammirare opere di collezioni private che mai avrei potuto neanche lontanamente sperare di vedere.

PS: non è mia intenzione offendere la vostra intelligenza, so che avrete certamente capito il nome del protagonista di questo racconto, ma per non incappare in critiche letterarie o storiche che non posso sostenere, ho deciso di non nominarlo. 🙃

Racconti di Ospitalità - blog personale di Deborah Esposito
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