Abbi pazienza, ne vale la pena (mia mamma)

05.05.2021

Comincio col dire che l'immagine eterea della tavola di copertina non ha nulla a che fare con il mio rapporto con la pazienza, ma con il fatto che il titolo è un messaggio arrivato dal cielo.

In verità la pazienza ha fatto capolino nella mia vita da poco tempo. Fino a qualche anno fa ero il tipo di persona che voleva tutto e subito, non nel senso di pretendere qualcosa, ma piuttosto di raggiungere gli obiettivi che mi fissavo, o di fare nuove scoperte, piuttosto che intraprendere nuove avventure.

I risultati solitamente erano fallimenti.

Circa dieci anni fa, insieme ad alcuni amici e alle nostre bambine ancora piccole, in vacanza sui Monti Sibillini, decidemmo di arrivare alla Grotta della Sibilla, a circa 2000 metri attraverso splendidi sentieri di montagna e superando piccoli corsi d'acqua. Impavida, giovane e presuntuosamente convinta che certamente ci sarei riuscita, con passo deciso partii piena di entusiasmo insieme al piccolo gruppetto, per arrivare là dove

"i gioghi dell'Appennin selvaggio, fra l'erte rupi una caverna appar: vegliano le sirene quel faraggio, fremono i canti e fanno delirar.»

Tuttavia il ritmo iniziale cominciò a rallentare, le bambine si lamentavano, la fame si faceva sentire e la nostra pigrizia trovò l'alibi per rinunciare. In verità vinse su tutto l'impazienza, che aveva preso il sopravvento su quel piccolo gruppo pieno di convinzioni e buone intenzioni.

Quella rinuncia tuttavia a distanza di tempo mi tormenta, come se i canti delle sirene che vegliano sulla grotta non mi avessero mai abbandonata e ancora oggi sentissi il richiamo verso quel solco nella roccia, che porta all'infinito e che i miei occhi non hanno potuto incontrare.

Spesso penso che avrei dovuto godere di quel tempo e del panorama che avevo davanti, non essere impaziente.

Due anni fa, invece, ormai ultra cinquantenne e fibromialgica, ad un paio di mesi da una importante eruzione, decisi con la mia famiglia di raggiungere il cratere sommitale dell'Etna, a circa tremilatrecento metri di altezza, camminando sulla lava cristallizzata che aveva mangiato il sentiero, cadendo tagliando mani e ginocchia, senza fiato, cambiando gruppo quando capimmo che quello a cui ci avevano assegnato era molto più in forma di noi, fermandoci, mangiando un po' di frutta seduti su rocce che costellavano un tratto ripido, ultimi tra gli ultimi, con l'aria rarefatta delle altezze, arrivammo al cratere.

Posso dire che è stata l'avventura più avvolgente ed emozionante della mia vita, che ricordo con profondo amore fisico.

Tra le due esperienze c'è stata la scoperta della pazienza, quella pazienza che mi dà la giusta dimensione delle cose e che mi trattiene quando il fuoco furioso della fretta mi avvolge.

Qualcuno dal cielo mi ha ricordato che devo assecondare gli imprevisti, saper rimandare, rifare, ripartire senza rimpianti e guardando avanti, stando attenta ad ogni passo, per gustare il risultato finale solo quando sarà il momento giusto, come un buon piatto per il quale hai investito tutta la mattina e che porti a tavola con amore per assaporarlo con soddisfazione.

Autore ✍️: Deborah Esposito

Racconti di Ospitalità - blog personale di Deborah Esposito
Creato con Webnode
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia